Elfi

“[…] Gli Elfi rimangono sino alla fine dei giorni, e il loro amore per la Terra e per il mondo tutto è tanto più unico e profondo, e con il trascorrere degli anni sempre più intriso di malinconia. Gli Elfi infatti non moriranno fino a che il mondo non morirà, a meno che siano uccisi o si struggano di dolore (e a entrambe queste morti apparenti sono soggetti); né l’età ne indebolisce le forze, sempreché non si stanchino di mille e mille secoli; e, se muoiono, vengono accolti nelle Aule di Mandos in Valinor, donde col tempo possono tornare.“—Il Silmarillion, cap. I, “L’Inizio dei Giorni”.

Gli Elfi si svegliarono durante gli Anni degli Alberi e si dice che, quando aprirono gli occhi per la prima volta, videro le stelle e dissero: “Ele!”, cioè “Guarda!” in Elfico Primitivo. Nel Cuiviénarna ci previene che in origine c’erano solo tre Elfi: Imin, Tele e Enel con le corrispondenti mogli; da loro, poi, venne alla luce tutto il popolo Elfico, diviso in Minyar (i primi, discendenti di Imin), Tatyar (discendenti di Tele) e Nelyar (discendenti di Enel).

Quando Melkor scoprì il loro risveglio, mandò tra di essi degli spiriti malvagi per far sì che temessero i Valar e ne trasse una parte a Utumno per ricavarne la razza degli Orchi. All’arrivo di Oromë, infatti, si dimostrarono timorosi e non ascoltarono subito le sue parole. Tuttavia egli riportò la notizia del Risveglio degli Elfi a Valinor e i Valar concordarono di muovere guerra a Melkor per fare in modo che vivessero in pace.

Elfi è il nome con il quale sono conosciuti dalle altre razze di Arda, tuttavia ne hanno molti altri: nell’antica lingua ancestrale chiamavano se stessi Quendi, ovvero Coloro che hanno voce; in Quenya sono noti come Eldar (Popolo delle Stelle), in Sindarin usano l’espressione Edhel, solo per limitarsi alle lingue principali.

In Adûnaico, la lingua dei Dúnedain, erano noti come Nímir. Essi sono conosciuti anche coi nomi di Primogeniti di Ilúvatar, i Priminati oppure come Figli Maggiori.

Come detto, sono simili agli umani, ma vi sono alcune differenze essenziali, seppure lievi e dissimulate. Sono di solito più alti degli Uomini, ma anche meno robusti e dal corpo glabro: non hanno né barba né baffi. I lineamenti dolci e delicati, oltre allo sguardo acuto e penetrante, danno loro un’aria di incanto e di mistero. Sono dotati di una straordinaria destrezza e agilità; posseggono l’abilità di camminare con la massima leggerezza, senza lasciar tracce, perfino sulla neve fresca.

Nonostante il loro aspetto aggraziato, possiedono una grande forza; sono infatti capaci di resistere alle temperature più estreme e sono immuni a tutte le malattie o a ogni forma di contagio. Gli Elfi non hanno bisogno di dormire: si riposano meditando sulle memorie e sugli eventi del passato, il cui ricordo mai li abbandona. Cadono in questa sorta di trance per un paio di ore al giorno, ma se necessario possono privarsene per giorni e giorni. Quando cadono in trance, si risvegliano naturalmente dopo un certo tempo: ma prima dello scadere di questa sorta di sonno è difficilissimo svegliarli.

Questo modo di riposare è strettamente connesso con la natura notturna degli Elfi. Gli uomini li chiamano per questo “Popolo delle stelle”. Infatti, nelle notti stellate, gli Elfi possono vedere meglio di quanto un umano in pieno giorno.

La particolare vista degli elfi è utile ed ideale nella parziale oscurità delle foreste ombrose e consente loro una mobilità superiore ad ogni altra razza. Nel buio completo, comunque, non possono vedere nulla come gli Uomini. Anche l’udito è sensibilissimo e questo può forse in parte spiegare il perché della loro abilità musicale.

Gli Elfi sono devoti ai Valar, dei quali, molti di loro, conoscono la vera natura. Venerano queste divinità con il canto e la poesia, ma non possiedono una vera religione formale; talvolta si riuniscono per celebrare la vita e i doni degli Dei, e il rispetto che manifestano per le cose naturali è giustificato dall’intima accettazione che il fato, segnato dal Gran Canto della Creazione (l’Ainulindalë) ha rivelato loro, attraverso la contemplazione intima e gioiosa del Creato, il modo di vedere e comprendere la natura come un dono dei Valar.

L’amore degli Elfi per il canto è senza pari nella Terra-di-mezzo: ne ha influenzato il linguaggio musicale come forse nessun altro, ed il modo tutto particolare di tramandare la tradizione orale attraverso canti struggenti e melodiosi.

Gli Elfi furono i primi ad usare la parola e hanno insegnato l’uso del linguaggio a tutte le altre razze. Da ciò il nome con cui chiamano se stessi: “Quendi”, ovvero “gli Oratori, coloro che hanno voce”. Il linguaggio elfico, vario, bello e sottile come l’acqua, si presta facilmente ad essere composto in versi e canzoni.

Gli Elfi inoltre sono il più abile di tutti i popoli in fatto di lingue e Finrod, nel suo incontro con gli uomini scopre che era in grado di leggerne i pensieri nelle menti, così era in grado di comprendere facilmente ciò che intendevano dire a parole.

Testi tratti da Tolkenpedia
Artwork by Brian Froud e Alan Lee

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